26 aprile 2018

Mangiare a ... Milano - Sciura Maria Panzerotti

Il tabellone con le varianti
Per festeggiare il 25 Aprile, con mio fratello e mia cognata abbiamo deciso di andare a mangiare qualcosa in giro per la città. Ma dove andare? Mio fratello propone di andare a provare un posto, segnalato dall'attuale fidanzata di un nostro comune amico.
Dopo aver consultato Google Maps, prendiamo la macchina e ci dirigiamo in Via Cenisio, dove troviamo facilmente il posto.
E' un negozietto arredato in maniera assai minimalista, pulito e, eccezziunale veramente, ben illuminato. Insomma un posticino assai invitante.
Il primo grande ostacolo è la scelta. Panzerotto tradizionale o una delle numerose varianti?  Quindi la scelta è obbligata! Uno tradizionale + una variante per essere sicuri. Il bere è una scelta di nuovo obbligata ... Birra Raffo bevuta alla bottiglia.
Come ho detto l'arredamento è minimalista. Lato clienti ci sono due ripiani, uno a sinistra ed uno a destra, con degli sgabelli a trespolo. Qui puoi appoggiare la birra ed il sacchetto del panzerotto mentre mangi o bevi. Se si vuole c'è anche una panca sul marciapiede se mangiare all'esterno.
Un proclama scritto sul banco
Il panzerotto è servito dentro un sacchetto di carta, che serve anche ad evitare le scottature. Proprio così, perché il panzerotto viene riempito e fritto al momento, solo per te. Non è come da Luini che ne arrivano vassoiate, in continuazione. Ognuno è un esemplare unico.
Se poi hai ancora fame, puoi assaggiare dei dolcetti salentini, pure questi home made.
Il panzerotto tradizionale mi ha ricordato, quando con il nonno andavo alla birreria Dreher di Taranto, a prendere le pizze da portare a casa. Mentre aspettavamo, ne mangiavamo uno a testa, tanto per ingannare il tempo!
I proprietari, molto simpatici, sono originari di Massafra, paesone sito aldilà della tanto vituperata
Il fronte del banco
acciaieria. La famiglia si è trasferita a Milano alla fine degli anni '60 e presto si è fatta apprezzare dagli"indigeni", per l'abilità della "Sciura" Maria nel preparare i panzerotti.
Suona strano, che una signora chiaramente meridionale, sia chiamata Sciura, alla milanese, lato Navigli, ma è una cosa simpatica, che fa folclore.
I negozi sono due. In Via Cenisio 36, dove siamo stati ieri, e Viale Monza 256, che è il primo, il più vecchio.
Per chiudere diamo un voto. Banfi  dice che si parla di una donna una parola è poca, due son troppe. Qui è lo stesso, 5 stelle sa di combine, ma 4 sono poche. Diamoli 4,99 stelle, che le meritano tutte.
Qui trovi tradizione, qualità e gentilezza!!!


Bibliografia:

25 aprile 2018

Arriva l'Africa?

L'anno scorso avevamo due scoiattoli americani che giravano per il cortile, invece quest'anno abbiamo le locuste migratorie.
Gia ieri avevo visto qualcosa che saltava avanti ed indietro, ma dato la velocità non avevo capito cosa potesse essere.
Sapendo che le uova degli ortotteri in Europa, si schiudono in Aprile / Maggio, che era marrone e di circa 15 cm, non può essere altro che una locusta migratoria africana.
Settimana scorsa la pioggia era rossa della sabbia del Sahara, portata dal vento di Libeccio. Oltre alla sabbia il vento potrebbe aver portato alcuni esemplari dell'insetto.
Potrebbe essere un esemplare  di locusta migratoria migratoria, diffusa in Asia centrale ed Europa mediterranea, ma potrebbe essere anche una Locusta migratoria migratorioides che è diffusa in  Nord Africa.
L'unica cosa sicura è che è un esemplare maschio. Le femmine sono verde scuro, questo era marrone tendente al grigio.


Bibliografia:

21 aprile 2018

Segni zodiacali - Toro

Immagine tratta dal sito www.segnizodiacalidate.it

Oggi parliamo del Toro secondo segno dell'anno, come ci insegna lo zodiaco occidentale. Sempre tenendo d'occhio le effemeridi, il segno va dal 21 Aprile al 20 Maggio.
E' un segno femminile, governato da Venere. La sua qualità è Fissa e l'elemento Terra. Il colore del Toro è il Verde, la pietra è il Smeraldo ed il giorno fortunato il Venerdì. Il segno opposto è la Scorpione.


Logo del Toro

L'oroscopo di "La Repubblica" ne da' questa definizione:
Il Toro è il primo segno di stampo introverso, o “femminile”, dello Zodiaco. E’' un segno molto metodico, che porta a termine tutti gli scopi che si prefigge. A volte è considerato lento. In realtà, nel ciclo dello Zodiaco, è il segno che viene dopo l'’Ariete e che deve dunque recuperare le forze sprecate dall'’Ariete stesso nella sua irruenza. La sua natura è dunque tutta dedita alla “conservazione”: del cibo, degli affetti, dei denari.

Il Toro è alla ricerca di una visione serena della vita, al contrario dell'’opposto Scorpione, che ha una visione dell’'esistenza avvincente se non drammatica. Come gli altri segni di Terra, il Toro è un lavoratore quasi instancabile. Non disdegna i lavori umili e manca totalmente di esibizionismo. Fa tutto, peraltro, senza sprecare alcun tipo di energie. Gli piace ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Ha un concetto molto ferreo del superfluo, che può portarlo a essere considerato taccagno. In realtà, il Toro ha ben presenti le cose importanti dell'’esistenza e non ama gli sprechi.

Governato, come il segno della Bilancia, da Venere, il Toro ha una grande sensualità, molto naturale, che lo porta a vivere i rapporti amorosi nonché erotici con una rara spontaneità. Questa sensualità si manifesta anche in un amore per l’artigianato e per le cose belle.

Gode di ottima salute perché è un segno molto vicino ai cicli naturali! Anatomicamente, il segno del Toro corrisponde alla parte inferiore del volto: bocca, collo ed alla gola. Se un individuo ha pianeti afflitti in questo segno, tenderà a coprire queste zone del corpo con foulard e sciarpe. Al contrario, pianeti posti positivamente nel segno Taurino porteranno l’'insofferenza verso qualsiasi tipo di costrizione alla gola, compresa la cravatta, per gli uomini.


Bibliografia:

13 aprile 2018

La gioia di un nonno

La Sicilia del 4 Aprile 2018
A Pasqua sono andato in Sicilia per il battesimo di Giona, il figlio di Giusy e Gianni, i miei amici di Zibido.
Alcune conoscenze mi hanno chiesto: "Ma perché proprio di Pasqua?". Vi do la stessa risposta che ho ricevuto dal Superiore dei Gesuiti di Opole, quando li ho chiesto il perché mi dovessi sposare di Pasqua. Il tipo mi rispose che il periodo pasquale è il momento migliore per santificare un amore.
Nel nostro caso specifico, è che questo periodo dell'anno liturgico è il momento migliore per accogliere nella comunità cattolica il bambino, che si affaccia alla Nuova Vita.
Ma l'eccezionalità dell'evento non è la data. Francesco, nonno di Giona e padre di Giusy, è un diacono permanente. Quindi ha avuto la gioia di poter sposare la figlia ed, ora, di battezzare il nipotino.
Dalle parti mie, una delle frasi che vengono dette al padre della sposa è: "Beato te, che la hai sposata", con un intendimento ben diverso dalla situazione in essera a Mascalucia il
Io lo sapevo che Francesco fosse un diacono, ma non avevo mai partecipato ad un matrimonio che non fosse officiato da un prete. Vi lascio immaginare la sorpresa di mia moglie edi mia figlia, in Polonia non è una cosa molte usuale.
La gioia di quest'uomo, che ho visto allo scambio degli anelli, lo ho rivisto quando ha sollevato il piccolo Giona, annunciando che era entrato nella comunità cristiana.
Anche se ho una posizione critica su alcune aperture del Concilio Vaticano II, trovo che la reintroduzione del diaconato permanente, sia stata un'ottima possibilità, per un credente che voglia servire la Chiesa e la comunità, pur non essendo un prete.
Non so se ci sono stati altri casi come questo, ma penso proprio di si. Questo è l'evento di cui sono stato testimone, che ho trovato d'insegnamento.
Ho guardato più volte il filmato del Battesimo e non ho trovato niente che che violi la legge che regola la pubblicazione di immagini riguardanti minori, sono tutte riprese in campo lungo, in cui non si vede chiaramente il bambino. E', però un po' lungo per essere trattato come diritto di cronaca.
Se verrò autorizzato, lo pubblicherò sul mio canale You Tube.

Se volete scaricare il PDF dell'articolo, cliccate qui.

08 aprile 2018

Il roaming telefonico

È arrivata la primavera e si incomincia a pensare alle gite fuori porta. Qualcuno per fuori porta, pensa ai week end in qualche posto in giro per l'Europa, ma quanto mi costa telefonare a casa per dire che sono arrivato? Ma ci pensate solo ora, a quasi un anno dalla caduta del roaming?
Lasciando stare questi danarosi spendaccioni, chiariamo subito che il roaming è caduto solo negli stati della comunità europea. Quindi, per assurdo, se andiamo in Vaticano ci viene applicato la tariffa in roaming.
Questo è per spingersi all'eccesso. In Vaticano o a San Marino uno straccio di cella italiana la catti sempre. Il problema nasce se vado a Lugano, a mangiare una fetta di Sacher Torte da Munger. Se un cliente mi chiama, primo rompe le balle quando sto assaporando la delizia, secondo mi fa pagare il roaming.
Un'altra cosa da chiarire è che la tariffa nazionale si applica nei paesi aderenti alla Comunità Europea, che è ben diversa dal trattato di Shengen. Per fare degli esempi, vediamo che Islanda e Norvegia aderiscono a Shengen, ma non sono Comunità Europea. Quindi ci vai con la carta d'identità, ma paghi il roaming. Stesso discorso per la Svizzera.
Se volete andare in Grecia con la macchina, finchè siete in Slovenia o in Croazia pagate tariffa nazionale, ma nelle altre repubbliche baltiche paghi il roaming. Entrando in Grecia ritorni alla tariffa nazionale. Stateci attenti, a scanso di bollette stratosferiche.
Non chiedetemi cosa possa succedere in Groenlandia o nei Territori Francesi d'Oltremare. Formalmente sono Comunità Europea, ma in pratica sono un altro continente.
Altra regola a cui stare attenti è quella che io chiamo stanzialità. Dato che l'abolizione del roaming è a favore dei viaggi occasionali e non di situazioni di trasferta, per godere della tariffazione nazionale la SIM deve essere per più di quattro mesi nella nazione di emissione. Facciamo un altro esempio. Mia figlia ha una SIM italiana (H3G) ed una polacca (Play). Dato che lei vive prevalentemente in Polonia, la SIM italiana paga il roaming, mentre la SIM polacca no.
Vi do una settimana per digerire. Nel prossimo post sull'argomento vedremo i casi particolari.

06 aprile 2018

Come trascrivo le ricette

Come ben saprete, gestisco un blog di cucina, che utilizzo per tener memoria delle ricette ed eliminare tutti i fogliettini che ho in giro per la cucina. Insomma un block notes fruibile anche da altri.
Adesso gli "altri" vorrebbero sapere come è nato il format e come lo gestisco. Mi sarebbe piaciuto rispondere che sono cavolacci miei, ma proviamo un'analisi dei capitoli che compongono il format.
Evito di dare giudizi sulla difficoltà o sul costo. Sono dei parametri molto soggettivi, legati alla manualità ed al portafoglio del singolo cuoco. I prezzi dei prodotti variano di città in città, in base alla disponibilità e lunghezza della filiera.


Ingredienti:
Qui troverete cosa è necessario per la ricetta con i relativi quantitativi. Quando non trovate il quantitativo o altra informazione. il quanto lo dovrete decidere voi. A me non piace scrivere q.b. (quanto basta) o s.g. (secondo gusto), sigle che ritengo inutili ed idiote. In specialmodo il sale, non tanto perché c'è chi piace mangiare sciapo o salato, ma perchè è meglio stare abbottonati per via delle conseguenze, che il sale può avere nei soggetti ipertesi.


Preparazione:
Descrizione di come deve essere realizzata la ricetta. La giusta sequenza delle operazioni e dei tempi di cottura.


Tempo:
Somma matematica dei tempi di preparazione e cottura.


Porzioni:
Quante persone possono mangiare con i quantitativi richiesti dalla ricetta. A seguito delle prove fatte potrei anche aumentare o ridurre il numero dei commensali. Un altra cosa che a me non piace è la Nouvelle Cuisine, mangi piatti magnifici, ma ti rimane la fame.


Varianti:
Qui troverete le modifiche alla ricetta, che sono possibili senza storpiare. Aggiunte o cambi d'ingredienti 


Variante per CucinaBarilla
Questo accessorio si sta diffondendo lentamente, ma con una crescita costante. Qui riporto le operazioni necessarie, alla preparazione della ricetta con questo elettrodomestico.


Vino:
Qui tento di dare un suggerimento sul vino adatto. Dato che la mia cultura nel settore non è eccelsa, ci provo. Perdomatemi se il suggerimento non sarà dei migliori o di vostro gusto.


Origine:
Dove le ho trovate o chi mele ha date.


Cenni storici:
Capitolo dedicato alla storia della ricetta. Certe volte è interessante scoprire come è nata la ricetta e come si sia evuluta negli anni. potrbbe essere anche la giusta allocazione di qualche gossip su personaggi famosi che hanno goduto della bontà della ricetta.



03 aprile 2018

Forza d'Agrò


La carta del comune
Intanto che aspetto l'imbarco del mio volo, voglio fare un piccolo resumé della giornata di ieri.
Dopo il lauto pranzo di Pasqua, che è seguito al battesimo di Giona, siamo andati a mangiare, di nuovo, a Forza d'Agrò, paesello dove vivono dei parenti della cognata di Gianni. Per fortuna, qui abbiamo camminato su e giù per le stradine del borgo, prima di andare al ristorante.
Questo paese è una specie di Taormina in miniatura,abitata da circa 900 anime, arroccata su di una collina interna. Il mare lo si vede in distanza, 400 metri più in basso. Grazie all'altitudine ed alla posizione arretrata, la vista spazia da Siracusa, passando dall'Etna ed arrivando a quasi Messina.
Le vie del borgo
Il borgo è un agglomerato risalente al X secolo sormontato dal castello normanno, purtroppo ridotto a rudere, e composto da vie strette e costruzioni alte quasi a sembrare dei carrugi genovesi.
Alla rocca si arriva dal mare dopo aver percorso una decina di tornanti. Arrivati in piazzetta c'è stato da trovar parcheggio, cosa che non è stata delle più semplici.
Dalla piazzetta partono due vie, la più corta porta con una scalinata, all'Arco Durazzesco ed alla chiesa di Sant'Agostino. L'altra attraversa tutto il borgo sino ai ruderi del castello, passando prima dalla Chiesa Madre della SS. Annunciata. In un angolo del Belvedere possiamo ammirare la chiesetta di San Francesco, Con la statua di Padre Pio.
La scalinata
In piazza SS. Trinità si può visitare il "Cioccolart Sicily Museum", che dal nome può sembrare un museo di arte cioccolataia, ma, invece, è un luogo dove convivono arte, storia ed enogastronomia.
Al Lunedì dell'Angelo, qui si celebra la "Festa dell'alloro", con il premio al miglior gonfalone. Non ho capito bene, se i gonfaloni, tassativamente in foglie di alloro, siano realizzati da confraternite o dai rioni. Al mattino vengono portati alla Chiesa Madre per la messa alta. Al pomeriggio vengono trasferiti alla Chiesa di San Francesco.
L'arco Durazzesco
Il borgo medievale, insieme a Savoca e Scifi, è stato il set di scene in noti film. Compare in tutti e tre film del "Padrino" di Coppola, varie fiction della RAI e "Giovannona coscialunga disonorata con onore" con Edwige Fenech. La Chiesa madre la si può trovare anche nel cartoon Pixar "Cars 2".
Per mangiare ci sono vari ristoranti con cucina tipica di qualità. Noi siamo andati agli "Antichi Muri", dove abbiamo mangiato bene e con calma. Se vi recate lì, armatevi di tanta pazienza, il personale è molto gentile, ma il servizio è lento assai.

Taormina e l'Etna

Il gonfalone d'alloro









 
Verso Messina





Il chiostro degli Agostiniani


La piazzetta








La Chiesa Madre






Il poster della Festa dell'alloro





Il gonfalone d'alloro










Bibliografia:

02 aprile 2018

Perché si dice: "Fare melina"

La madre di un futuro PIA di quarta o quinta generazione mi ha chiesto perché si dice che una squadra di calcio sta facendo melina.
Origine controversa, ma di significato univoco. Quando una squadra inizia ad esibirsi in inutili passaggi di palla, che servono solo a perdere tempo e mantenere il possesso della stessa, si dice che fa melina. Dato che questa tattica è stata utilizzata per la prima volta nel basket, nel cui gergo la palla è chiamata mela o melina, si può presupporre che il tutto, derivi da qui.
Ma potrebbe anche trarre origine nel gioco popolare della melina, in voga nel bolognese, all'inizio del secolo scorso. Il gioco consisteva nel lanciare un cappello da una persona all'altra, senza che il proprietario riesca a prenderlo.
Comunque il modo di dire è virale. Nato nel basket, è diventato famoso con il calcio, ma si è diffuso in tutti i giochi di squadra.

01 aprile 2018

Perché la Pasqua si chiama Pasqua?

Da un sito satirico francese
Venerdì sera sono andato a far provvista di cibo per i porcellini d'India, dato  che loro non venivano in  Sicilia, Come al solito sono stato bloccato al banco ortofrutta per una domanda, direi, insolita.
Il padre di un PIA mi ha chiesto  lumi sull'etimologia del nome Pasqua e perché ogni anno cambia data. Dio Santo! Vabbé che questi padri  sono tutti sessantottini, ma a scuola non hanno imparato niente? Mi sa di no!!!
Il perché del cambio continuo della data, lo ho spiegato nel post sulle feste mobili, ma repetita iuvant.
Andiamo con ordine! Da dove arriva la parola "Pasqua"? Deriva dalla parola ebraica "Pesach", in aramaico "Pasà", che significa "Passare oltre". E' il passare oltre dell'Angelo di Dio, davanti alle porte marcate con  il sangue dell'agnello. La Bibbia narra che Dio disse a Mosè di far marcare tutte le porte degli Ebrei in Egitto. Nella decima piaga, L'Angelo uccise tutti i figli maschi primogeniti, escluso quelli ebrei, mo compreso il figlio del Faraone.
Nella cristianità il passare oltre è quello di Gesù Cristo, che nella Resurrezione passa dalla morte alla Vita. Questo in poche parole l'etimologia di Pasqua.
Il variare della data è causato dal fatto che, per i cattolici, la Pasqua cade la prima Domenica dopo il plenilunio successivo all'equinozio di primavera. Questo è la regola stabilita dal primo Concilio di Nicea. In un altro post tratterò di nuovo la differenza di calcolo della Pasqua tra Ebrei, Cattolici ed Ortodossi.
Buona Pasqua e non mangiate troppo!


Bibliografia: